Quando si accumulano debiti fiscali non pagati, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può agire direttamente sullo stipendio del contribuente, tramite pignoramento presso il datore di lavoro o prelievo dal conto corrente. Non può però “prendere tutto”: la legge impone limiti rigidi per garantire al debitore un minimo vitale.

Per i pignoramenti fiscali su stipendio netto mensile, l’art. 72-ter del D.P.R. 602/1973 prevede oggi queste soglie:

fino a 2.500 €: massimo 1/10;

tra 2.500 e 5.000 €: massimo 1/7;

oltre 5.000 €: massimo 1/5.

Restano poi i limiti generali dell’art. 545 c.p.c. (stipendio mai pignorabile oltre la metà e tutela rafforzata per somme già accreditate sul conto fino al triplo dell’assegno sociale).

Il contribuente non è indifeso: può

contestare il pignoramento (vizi di notifica, prescrizione, errori di calcolo);

chiedere la rateizzazione del debito ex art. 19 D.P.R. 602/1973, che di regola blocca o attenua le azioni esecutive;

valutare le procedure da sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi (piano del consumatore, accordo con i creditori, liquidazione controllata, esdebitazione del debitore incapiente) per ridurre o azzerare i debiti non più sostenibili.

Lo Studio Legale Contessa, con specifica esperienza in pignoramenti fiscali e sovraindebitamento, assiste i contribuenti nel verificare la legittimità delle trattenute in busta paga, chiedere la riduzione del prelievo e costruire percorsi legali per difendere lo stipendio e riportare il debito entro limiti sostenibili.

© 2024 Avv. Mario Pio Contessa

P.I.: 04013761202

logo-footer