Blocco del conto corrente: cosa significa davvero e come provare a risolvere

Quando il conto corrente viene bloccato – per pignoramento, intervento dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione o misure cautelari – ci si trova, di fatto, senza liquidità: niente prelievi, niente bonifici, difficoltà a pagare affitto, stipendi, fornitori, bollette. Il blocco può riguardare sia privati sia imprenditori, con effetti immediati sulla vita quotidiana e sulla continuità dell’attività.

Nella maggior parte dei casi, il blocco dipende da:

pignoramento presso terzi (artt. 543 ss. c.p.c.), con ordine alla banca di congelare le somme;

atti dell’Agenzia Entrate-Riscossione su conti e crediti del contribuente (D.P.R. 602/1973);

misure cautelari o conservative (es. sequestro conservativo) richieste dal creditore per “fermare” i beni in attesa della decisione di merito.

Il primo passo è capire chi ha disposto il blocco e perché: la banca deve indicare l’ente creditore, il tipo di provvedimento (pignoramento, fermo, misura cautelare) e l’ammontare del debito. Da qui si valuta se:

vi siano vizi di notifica o errori formali che consentono un’opposizione;

il pignoramento abbia superato i limiti di legge sulle somme aggredibili (es. rapporti con stipendi e pensioni, art. 545 c.p.c.);

sia possibile chiedere rateizzazione, rottamazione, saldo e stralcio o l’accesso agli strumenti di sovraindebitamento (Legge 3/2012 – ora assorbita nel Codice della crisi d’impresa).

Quando la situazione rientra in un quadro di sovraindebitamento strutturale, è spesso preferibile un intervento organico (accordo con i creditori, piano del consumatore o liquidazione controllata) che consenta di:

1. bloccare le esecuzioni in corso,

2. ristrutturare il debito in modo sostenibile,

3. in casi estremi, ottenere l’esdebitazione (liberazione residua dai debiti).

Lo Studio Legale Contessa assiste privati, professionisti e imprese nel:

1. verificare la legittimità del blocco del conto corrente;

2. proporre opposizioni mirate a pignoramenti e atti esecutivi;

3. negoziare piani di rientro e rateizzazioni con Agenzia Entrate-Riscossione;

4. attivare, quando conviene, le procedure di sovraindebitamento e di esdebitazione previste dal Codice della crisi.

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